Diversi studi hanno dimostrato che l’acido ialuronico è utile nella cura delle malattie dell’apparato respiratorio. Le ricerche si sono focalizzati sulla valutazione della quantità di acido ialuronico in pazienti affetti da asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva riscontrandone una riduzione, a livello intracellulare, nei pazienti affetti da entrambe le patologie L’acido ialuronico è un antinfiammatorio naturale e aiuta a “spe- gnere le fiamme”, per tale motivo e in linea di principio, può essere utilizzato in tutte le branche della medicina. Al giorno d’oggi, oltre che nella medicina estetica, è utilizzato in campo dermatologico, in oculistica da circa trent’anni, in ortopedia e reumatologia per la cura delle patologie osteoarticolari, dove ha ampiamente soppiantato le tradizionali cure a base di cortisone, in urologia e otorinolaringoiatria.
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A Giuseppe Petrigni – specialista in pneumologia, allergologia e immunologia clinica, già direttore della Prima Scuola di specializzazione in Malattie dell’apparato respiratorio dell’Università degli Studi di Milano e autore di numerose pubblicazioni in materia – abbiamo domandato quale sia l’utilità di questa molecola per la cura delle malattie respiratorie. «Sono state effettuate ricerche – spiega il professore – per valutare la quantità di acido ialuronico presente nelle fibrocellule muscolari dell’apparato bronchiale, cioè quei muscoli la cui contrazione provoca il broncospasmo e che sono responsabili dell’asma. In particolare, ci si è focalizzati nella valutazione della quantità di acido ialuronico in pazienti affetti da asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) riscontrandone una riduzione, a livello intracellulare, nei pazienti affetti da entrambe le patologie. Nelle malattie acute polmonari, con interessamento del polmone profondo, cioè degli alveoli polmonari, come nella sindrome da distress respiratorio dove l’infiammazione determina una distruzione alveolare e della barriera epiteliale ed endoteliale polmonare, con conseguente insufficienza respiratoria, la supplementazione di acido ialuronico, ad alto peso molecolare e per via esogena, può fornire risultati importanti per attenuare l’infiammazione e, di conseguenza, la sintomatologia. In particolare, dobbiamo considerare che le cellule alveolari di secondo tipo producono oltre al surfactant polmonare, sostanza che impedisce il collasso degli alveoli, anche acido ialuronico che regola, tra le altre cose, l’integrità dell’endotelio vascolare».
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«L’acido ialuronico – spiega Giuseppe Petrigni – è un polisaccaride lineare, semplice, non ramificato e asolfatato, formato da unità disaccaridiche ripetute, a loro volta costituite da N-acetilglucosamina e acido glucuronico. Isolato per la prima volta nel 1934 da Meyer e Palmer, dal corpo vitreo dell’occhio bovino, solo da pochi anni si è iniziato a utilizzarlo in maniera sistematica. Numerose ricerche scientifiche hanno mostrato che questa sostanza è presente in tutti i tessuti connettivi dell’organismo e anche all’interno delle cellule, possiede un ruolo essenziale per il suo funzionamento ed è uno dei costituenti nella matrice dei connettivi. Questa molecola polimerica possiede una lunghezza mutevole e un peso molecolare che può variare da 10 a 8.000 KDa (Kilodalton), è stato dimostrato che l’acido ialuronico con un peso molecolare elevato è in grado di esercitare un’attività antinfiammatoria importante. La caratteristica che contraddistingue questo polimero è quella di attrarre l’acqua e trattenerla, infatti un grammo di acido ialuronico può legare fino a sei litri di acqua, quindi è il maggior responsabile del contenuto idrico e dell’equilibrio osmotico dei tessuti. Le cellule vivono immerse nell’acido ialuronico in quanto è il costituente principale di tutti i connettivi dell’organismo, quindi della matrice extracellulare, oggi sappiamo anche che l’acido ialuronico, da un punto di vista fisiologico, fa da carrier tra la cellula e il sangue. Ciò significa che il citoplasma cellulare e di conseguenza anche ciò che si trova all’interno della cellula sono immersi in questa sostanza, a prevalente struttura colloidale, che contiene acido ialuronico. Nel corso dell’esistenza i processi infiammatori cronici, a carico di un qualsiasi tessuto, determinano una perdita progressiva di questa sostanza fondamentale della matrice, ciò significa trattenere meno acqua. Dopo i trenta anni, l’acido ialuronico nell’organismo inizia a decrescere, oppure, secondo una teoria alternativa, se ne produce una stessa quantità, ma con una catena polimerica molto più corta. Dato che le funzioni biologiche dipendono dalla quantità e dalla lunghezza del polimero si riscontrano problematiche dovute a questa depolimerizzazione».
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Ma come è nata l’idea di utilizzare l’acido ialuronico in pneumologia? «Mi è stato proposto di usare l’acido ialuronico circa diciannove anni fa – racconta Petrigni. – All’epoca si temeva che potesse avere effetti collaterali, ma si è capito che per la sua struttura chimica ciò non può accadere, ovviamente se è puro (se ottenuto da biotecnologie). Le proprietà antinfiammatorie e riparative dei tessuti, anche importanti, di questa sostanza erano già note in quanto utilizzata per la cura delle ustioni. Considerando che l’ustione è il maggiore processo infiammatorio a livello dermatologico, ho pensato di trattare patologie dermatologiche con base infiammatoria con l’acido ialuronico ottenendo risultati soddisfacenti. Perché quindi non sfruttare questa proprietà anche per la cura delle malattie infiammatorie pneumologiche? Il problema da affrontare è stato quello di trovare un modo per farlo arrivare direttamente ai polmoni, l’acido ialuronico è vischioso e dato che la sua proprietà è quella di trattenere l’acqua, l’idea è stata aggiungere della soluzione fisiologica per diluirlo e aerosolizzarlo.
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Un altro problema era determinare se l’aerosol fosse in grado di raggiungere il polmone profondo, quando ho avuto conferma di ciò sono iniziate le prime ricerche cliniche, inizialmente sull’asma e visti i risultati positivi sulla BPCO in seguito». «I primi studi – continua il professore – sono stati praticati su bambini asmatici che soffrivano di asma quando correvano. Somministrando un aerosol di acido ialuronico prima dello sforzo fisico (in questo caso la corsa) i pazienti non presentavano asma da sforzo, quindi la somministrazione aerosolica di questa sostanza può proteggere da questa patologia anche atleti professionisti senza ricorrere all’uso di farmaci, leciti, ma considerati dopanti per loro. Inoltre l’aerosol protegge anche dall’asma da nebbia e umidità. I risultati delle ricerche furono presentati nel 2000 alla comunità scientifica, a un convegno internazionale a Firenze, dove furono favorevolmente accolti. In modo particolare dal gruppo di ricerca del professor Gerard M. Turino della Columbia University, che stava effettuando ricerche sugli effetti dell’acido ialuronico nella prevenzione dell’enfisema polmonare con risultati positivi, con cui in seguito abbiamo avviato una collaborazione scientifica».